IL SACRARIO


Per trentadue anni, i rottami del Dc9 dell'Ati precipitato sul crinale roccioso di Conca d'Oru sono rimasti in cima alla montagna per testimoniare una tragedia il cui ricordo non si è mai sopito. A ogni anniversario della sciagura aerea, un sacerdote sale fin lassù per celebrare, davanti a una croce e a una lapide, un rito funebre in ricordo delle 31 vittime. Ogni anno, il numero dei familiari si assottiglia, ma il sentiero che risale il ripido pendio è percorso quasi quotidianamente da persone che affrontano la fatica da sole o in piccoli gruppi. La curiosità e l'attrazione per questo luogo, invece che scemare, crescono col trascorrere del tempo.

Ora però è accaduto qualcosa che potrebbe interrompere questo cammino della pietà intrapreso da chi, pur non essendo legato da vincoli di parentela o di amicizia con le vittime, vuole arrivare sulla cima del monte solo per vedere, per conoscere, per testimoniare la sua partecipazione. Nel marzo del 2011, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti â?? Direzione Generale per gli Aeroporti e il Trasporto Aereo, ha inviato una segnalazione alla Prefettura di Cagliari informandola dell'esistenza dei rottami del Dc9 e chiedendo di conoscere quali provvedimenti avrebbe adottato l'Amministrazione Regionale per bonificare l'area. Con encomiabile tempismo, quindici giorni dopo aver ricevuto la notizia, l'Assessorato della Difesa dell'Ambiente della Regione Sardegna ha trasmesso la segnalazione al Comune di Capoterra e, applicando la legge sullo smaltimento dei rifiuti, ha chiesto l'avvio delle procedure per la rimozione e lo smaltimento dei rottami dell'aereo in una discarica autorizzata e il ripristino dello stato dei luoghi.

Tre mesi dopo, non avendo avuto risposta, la Direzione del Servizio tutela dell'atmosfera e del territorio dello stesso Assessorato regionale ha rinnovato la richiesta agli amministratori del paese che dista una decina di chilometri dal luogo del disastro. E' estremamente improbabile che il procedimento avviato dalla Regione possa andare avanti in quanto il solerte funzionario che ha emesso il provvedimento ha commesso un colossale errore: il Comune di Capoterra non ha alcun obbligo da rispettare in quanto l'aereo è precipitato nel territorio di un altro paese: Sarroch. Ma non c'è solo questo: la legge sullo smaltimento dei rifiuti impone l'obbligo di rimozione e ripristino dei luoghi in capo al proprietario dei rifiuti. Che, in questo caso, è il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il quale ha ereditato le passività di Ati-Alitalia. A rimuovere i rottamo dell'aereo, quindi, dovrebbe essere lo stesso Ministero che ha sollevato il caso segnalando la notizia alla Prefettura! Ma la Regione non l'ha chiamato in causa.

L'esperienza insegna che è assai difficile bloccare la macchina della burocrazia una volta che è stata messa in moto e, viste le prime mosse, c'è da temere per il futuro dei rottami del Dc9 che da più di trent'anni ricordano la più grave sciagura aerea avvenuta in Sardegna. Monumento alla memoria o cumulo di rifiuti? Per il momento, si può solo annotare che c'è in atto il tentativo di profanare un sacrario.



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LA STRADA


Per raggiungere il luogo del disastro aereo occorre percorrere la strada statale 195 "Sulcitana" Cagliari-Teulada fino al km 13. All'altezza della rotatoria di Su Loi, si lascia la statale e ci si immette nella strada asfaltata in direzione ovest (lato monti) che costeggia una serie di lottizzazioni e si prosegue per due chilometri e mezzo verso la campagna fino a raggiungere un grande vigneto. Qui termina l'asfalto e la strada prosegue su fondo sterrato comodamente percorribile dalle auto. Poco dopo inizia la salita e il fondo stradale diventa più disagevole. Nove chilometri dopo aver abbandonato la strada statale si raggiunge il culmine della salita (S'Arcu de s'ena sa craba).


Qui, nello spiazzo accanto alla sbarra che impedisce di proseguire verso i monti del Sulcis (ci sono altre due strade di minore importanza), occorre lasciare l'auto e si prosegue a piedi in un sentiero facilmente individuabile che inizia con una serie di scalini in direzione est. Si prosegue inoltrandosi nel sottobosco per circa un chilometro. Il percorso, relativamente facile nel primo tratto, diventa sempre più disagevole a causa dell'asperità della salita e del fondo sconnesso. Il sentiero può essere percorso in circa un'ora ma è assolutamente sconsigliato se non si hanno buone scarpe da escursione e un minimo di allenamento.


Arrivati al culmine della salita, è immediatamente visibile, in direzione ovest, il tronco di coda dell'aereo. Tutt'attorno sono disseminati i resti del Dc9.



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